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Nitriti e nitrati: nuovi limiti fissati dall’Europa

Nitriti e nitrati nuovi limiti fissati dall’Europa

Importanti novità in campo alimentare arrivano dall’Europa: la Commissione Europea ha infatti imposto nuovi limiti per nitriti e nitrati utilizzati come additivi negli alimenti. L’annuncio è stato fatto di recente, lo scorso 6 ottobre, e l’obiettivo dell’iniziativa è contribuire al piano europeo contro il cancro (il cosiddetto Beating Cancer Plan). Alla base del provvedimento, la valutazione scientifica elaborata dall’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare.

Il motivo per cui sono stati introdotti i nuovi limiti è legato all’opportunità di limitare l’esposizione dei consumatori alle nitrosammine, che sono sostanze cancerogene generate proprio dai nitriti.

Ma qual è la differenza tra nitrati e nitriti?

Cosa sono nitriti e nitrati

Nitriti e nitrati sono sostanze chimiche ampiamente utilizzate nell’industria alimentare e, già prima dei nuovi limiti imposti dall’Europa, strettamente regolate in merito alle quantità che è possibile utilizzare.

Nello specifico, ecco la differenza tra nitrati e nitriti:

I nitrati, presenti anche in alimenti di origine vegetale, hanno una funzione antiossidante, conservante e colorante. Nelle etichette dei prodotti sono indicati con la dicitura E251 ed E252.

I nitriti sono anch’essi additivi dall’azione conservante e si trovano soprattutto negli insaccati. I loro codici identificativi in etichetta sono E249 ed E250.

I cibi che contengono nitrati

I nitrati sono presenti anche in natura, in particolare negli ortaggi a foglia verde, come rucola, lattuga e spinaci; altri alimenti che li contengono sono la carne conservata e l’acqua potabile. I nitriti sono invece contenuti soprattutto nelle carni lavorate e negli insaccati.

Nell’industria alimentare, i sali di nitrati e nitriti vengono aggiunti a cibi come formaggi, pesce e carne, in modo da prevenire la crescita dei batteri responsabili del botulino. Ma non solo: queste sostanze servono anche per mantenere il colore rosso della carne e per insaporirla. In ambito caseario, inoltre, i nitrati impediscono che, in fase di fermentazione, alcuni formaggi si gonfino eccessivamente. 

Purtroppo, i nitrati possono anche finire accidentalmente nella catena alimentare, in particolare come contaminanti ambientali, e in particolar modo nell’acqua, a causa del diffuso impiego di queste sostanze nell’industria zootecnica e per lo scarico delle acque reflue.

Perché nitriti e nitrati possono essere pericolosi per l’organismo

Un eccesso di nitriti nell’organismo umano riduce la capacità dei globuli rossi di trasportare ossigeno, mentre i nitrati presenti negli alimenti – che vengono convertiti dal corpo in nitriti – possono comportare la produzione di nitrosammine, potenzialmente cancerogene.

Che cosa cambia con i nuovi limiti

Il provvedimento della Commissione Europea per limitare la quantità di nitriti e nitrati negli alimenti tiene comunque conto della specificità dei diversi prodotti e di come questi vengono lavorati nei singoli Paesi UE. In linea generale, per i formaggi la cui lavorazione prevede l’utilizzo di nitrati si dovrà scendere dagli attuali 150 mg/kg ai 75 mg/kg: in sostanza, la quantità verrà dimezzata e le aziende avranno due anni di tempo per adeguarsi e per smaltire i prodotti in rimanenza. 

La questione è un po’ più complessa per i derivati della carne, perché in questo caso la variabilità dei prodotti è maggiore. Di massima, per i prodotti cotti – come, per esempio, il prosciutto cotto – con il nuovo provvedimento le quantità massime di nitriti consentite si abbassano da 100 a 55 mg/kg in caso di prodotti sterilizzati e da 150 a 80 mg/kg per i prodotti non sterilizzati. Per i prodotti a base di carne cruda, invece, viene attuata una riduzione da 150 a 80 mg/kg per i nitriti e da 150 e 90 mg/kg per i nitrati. 

Il provvedimento europeo prevede poi delle limitazioni ad hoc per alcuni prodotti tradizionali ma si può dire che, generalmente, le riduzioni arrivano al 40% e anche in questo caso i produttori avranno a disposizione due anni di tempo per adeguarsi alla nuova normativa. 

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